Con il termine di neuropatia periferica si intende genericamente un disturbo della funzione a livello del Sistema Nervoso Periferico.
Con ciò non si vuole indicare una precisa affezione, ma piuttosto ci si riferisce ad una manifestazione, conseguenza di diverse possibili alterazioni che possono interessare lo stesso sistema, nelle sue varie componenti.
Del SNP fanno parte i nervi cranici, escludendo il nervo olfattivo (1°) ed il nervo ottico (2°), tutte le radici nervose nella loro parte ventrale e dorsale, i gangli delle radici dorsali, gangli e nervi autonomici.
La sua funzione è quella di connettere il sistema nervoso centrale, formato da cervello e midollo, con i muscoli, la pelle e gli organi interni, cioè visceri.
L’unità fondamentale del Sistema Nervoso Periferico è sempre il neurone:
1. I neuroni motori sono situati nel corno grigio anteriore del midollo; dai neuroni midollari, a livello del solco laterale anteriore, emergono, disposte in fibre verticali sottili, filamenti o filamenti radicolari; a loro volta questi, a gruppi di due/tre, si raccolgono in radicole che convergono a formare tra loro un tronco unico.
Nella radice anteriore sono contenute fibre nervose efferenti somatiche o assoni, ma anche fibre viscerali efferenti, costituite da fibre simpatiche pregangliari per la muscolatura liscia e per le ghiandole.
2. Il neurone primario sensoriale (o neurone di primo ordine) è situato nella radice posteriore del ganglio spinale; il suo prolungamento periferico raccoglie e conduce stimoli sensoriali, per mezzo di fibre nervose amieliniche (fibre C) e mielinizzate (fibre A delta).
Il prolungamento centrale, radice posteriore o dorsale, procede verso il solco laterale posteriore del midollo, penetrandovi per mezzo di una decina di filamenti radicolari.
La radice posteriore è prevalentemente costituita da fibre somatiche afferenti, sensitive, ma anche fibre afferenti simpatiche.
3. I nervi vegetativi fanno parte del Sistema Nervoso Autonomo (SNA), che fornisce l’innervazione agli organi interni e alle ghiandole. Tale sistema ha come caratteristica quella di svolgere la sua funzione al di fuori del controllo volontario. E’ un sistema complesso e la via efferente che va dal Sistema Nervoso Centrale agli organi innervati, anzichè di un solo neurone (motoneurone del SNC), si compone di due neuroni, uno pregangliare e l’altro postgangliare tra i quali è interposto un ganglio appunto.
Il SNA è autonomico ma non indipendente, in quanto il Sistema Nervoso Centrale vi esercita un controllo continuo attraverso strutture del tronco encefalico e dell’ipotalamo.
Nel nervo periferico troviamo due tipi di fibre nervose: non mielinizzate e mielinizzate.
E’ formata da un assone invaginato entro una cellula di Schwann, nella quale si possono riscontrare da 1 a 10 assoni; le fibre amieliniche di piccole dimensioni ( 0,2 -3 mµ.) sono le più numerose, costituendo circa i 3/4 del patrimonio assonale: sono sensoriali e conducono dolore e temperatura.
Ogni assone mielinizzato si colloca entro una catena di cellule di Schwann, ciascuna delle quali, coprendo fino a 2 mm di lunghezza dello stesso assone, lo avvolge in una guaina, la mielina. E’ necessario dunque che molte cellule di Schwann si dispongano una accanto all’altra per ricoprire l’intero decorso di un assone.
In questo processo sono gli assoni che trasmettono alla cellula di Schwann l’informazione di produrre mielina o, viceversa, di avvolgere un numero multiplo di assoni senza produrla.
Funzione della mielina è quella di proteggere l’assone e aumentare la velocità di conduzione del nervo. La trasmissione di un impulso nervoso lungo una fibra è un fenomeno elettrico, nel quale l’assone costituisce il cavo mentre la guaina milenica è il fodero isolante.
La mielina è presente anche nel sistema nervoso centrale (SNC), dove tuttavia ha differenti caratteristiche chimiche e non viene prodotta da cellule di Schwann, bensì dagli oligodendrociti. Si possono dunque presentare:
– assoni mielinizzati di grandi dimensioni – motori e senstivi per sensazioni vibratorie, propriocezione e tatto.
– assoni mielinizzati di piccole dimensioni – vegetative e sensoriali per dolore e temperatura.
Un nervo, quale il femorale, contiene parecchie migliaia di singole fibre nervose, raggruppate in fascicoli. I fascicoli si separano e si ricongiungono costantemente per tutta la lunghezza del nervo, mescolando e ridistribuendo le fibre, in modo tale che una lesione focale, di un singolo fascicolo, produca una denervazione solo parziale, anzichè totale della zona.
A fronte di centinaia di possibili cause di malattia dei nervi periferici, ben più limitate sono per fortuna le loro manifestazioni cliniche. Esse possono essere pertanto inquadrate sulla base di alcune caratteristiche, riguardo alla modalità di insorgenza, al tipo di fibra interessata, alla distribuzione della sofferenza neuropatica, al tipo di danno che le sostiene:
Più frequentemente il danno è di tipo misto, interessando sia l’assone che la mielina.
– Degenerazione assonica. La lesione agisce sia sul perikarion sia sull’assone periferico (come nella poliomileite e nell’nfarto midollare); la distruzione dell’assone conduce secondariamente a distruzione della guaina mielinica.
– Degenerazione Walleriana (da Waller 1850). La lesione è causata da un trauma focale (schiacciamento): il meccanismo è quello della degenerazione Walleriana, nella quale si assiste ad una degenerazione distale dell’assone assieme ad un danneggiamento (cromatolisi) dei perikaria.
– Neuropatia assonica. Il meccanismo degenerativo è identico a quello della degenerazione Walleriana, ma poichè la lesione focale è diversa dal trauma, in questo caso è più appropriato il termine di neuropatia assonica (infarto da poliarterite nodosa; fenolo).
– Neuropatia da morte retrograda: la degenerazione si concentra nelle parti di fibra nervosa più distanti dai perykaria (atassia di Friedreich, sclerosi laterale amiotrofica, deficienza di Vit B 12).
Demielinizzazione segmentaria: processo di danneggiamento molto variabile ed irregolare, che interessa alcune cellule di Schwann e guaine mieliniche e risparmia in gran parte gli assoni, anche se vi è un blocco di conduzione del potenziale d’azione del nervo.
Traumatismi dei nervi e classifcazione della gravità (Seddon e Sunderland)
E’ un blocco della conduzione nervosa, che si stabilisce in assenza di perdita di continuità dell’assone. E’ pertanto funzionale e transitorio.
Correlati neurofisiologici: l’ impulso nervoso non supera il blocco e pertanto non raggiunge i territori muscolari pertinenti (neuroaprassia completa).
Nei casi di neuroaprassia parziale, le risposte motorie sono solo di ampiezza proporzionalmente ridotta.
Prossimalmente, cioè nel tratto di fibra che viene prima della lesione e distalmente, nel tratto dopo il livello di lesione, la conduzone si mantiene normale.
La VCM e VCS non risultano diminuite.
Il danno assonale comporta l’interruzione dell’assone e della guaina mielinica a valle della lesione (degenerazione walleriana), ma non dell’ epinevrio e del perinevrio, che pertanto sono conservati; essi costituiranno la guida connettivale utile per la rigenerazioe assonale, che sarà generalmente valida.
Correlati neurofisiologici: nei primi 9/10 giorni, la conduzione lungo il segmento distale rimane inalterata, per cui la lesione è indistinguibile dalla neuroaprassia.
Il blocco di conduzione, sia esso completo o parziale, interessa sia il moncone prossimale che quello distale e si instaura solo allorchè si realizza la degenerazione walleriana, non prima del decimo giorno.
Dopo il ventesimo giorno compaiono i segni di denervazione, fibrillazioni e potenziali di Jasper
La continuità anatomica del nervo è distrutta. Il processo di rigenerazione del nervo è poco o per niente valido. Elettrofisiologicamente è praticamente indistinguibile dall’assonotmesi, rispetto alla quale tuttavia, la comparsa di segni di reinnervazione, risulta ulteriormente procrastinata nel tempo.
E’ la sola lesione che può giovarsi di tecniche chirurgiche.
I principali meccanismi traumatici:
stiramento/trazione: paralisi del radiale da frattura dell’omero; paralisi ostetriche
lacerazione: ferite; armi da taglio;schegge ossee
compressione: da fattori meccanici locali, tumori, ematomi, intrappolamento (neuropatie da intrappolamento);
paralisi familiare da compressione, ovvero la predisposizione, tipica di taluni ceppi familiari a sviluppare neuropatie anche per minimi effetti compressivi.
L’ EMG è una indagine complementare ad un esame obiettivo neurologico; comporta l’infissione di elettrodi ad ago nel muscolo e serve a registrare l’attività elettrica delle fibre del muscolo che sono ad immediato contatto con la punta dell’ago.
Dalla registrazione dell’attività elettrica di fibra muscolare, si può risalire a quadri normali di innervazione, quadri con significato patologico di tipo neuropatico, quadri con significato patologico di tipo miopatico
EMG nella norma: l’attività elettrica a riposo è assente; la contrazione debole comporta il progressivo reclutamento di PUM (Potenziali di Unità Motoria) fino al raggiungimento di un quadro interferenziale massimo, o modello di interferenza completo nel massimo sforzo, in cui i PUM non sono più individuabili.
Già a riposo è possibile osservare potenziali di fibrillazione, mentre nel massimo sforzo si raggiungono solo modelli di interferenza incompleta neuropatica.
L’ EMG è inoltre utile a documentare condizioni patologiche a livello della giunzione neuromuscolare (sindromi miasteniche) e del muscolo (miopatie).
Alla fine, serve a supportare con evidenze strumentali, alterazioni funzionali a livello delle radici nervose, dei nervi, della giunzione neuro-muscolare e dei muscoli.
Con l’Eng si misura la velocità di conduzione motoria (VCM) e sensitiva (VCS) di singoli tronchi nervosi, ai quali si applica uno stimolo elettrico, in uno o più punti lungo il decorso del nervo.
Si valutano latenza ed ampiezza dei potenziali d’azione motori (MAP) e sensitivi (SAP), scaturiti dalla stimolazione elettrica. Conoscendo la lunghezza del tratto esaminato ed il tempo impiegato a percorrerlo, si può facilmente calcolare la velocità di conduzione.
Una neuropatia si caratterizzata spesso per una diminuzione della VCM o della VCS, mentre l’ampiezza dei MAP e SAP sarà normale o ridotta.
A fronte di un danno mielico, risulteranno modificati, in senso deficitario, i primi due parametri (VCM e VCS) mentre per un danno assonale risulteranno alterati, cioè di ampiezze ridotte, i MAP e i SAP. Ad una associazione di parametri dell’uno o dell’ altro tipo, corrisponderanno quadri di prevalente interessamento mielinico, assonale o misto.
In sintesi, i compiti delle indagini neurofisiologiche sono quelli di :
1. stabilire il livello anatomico del danno; 2. individuare il tipo di lesione: assonale, mielinica o mista; 3. determinarne l’entità del danno e monitorarne longitudinalmente (nel tempo) l’evoluzione.
mononeuropatia: con questo termine si vuole indicare che è interessato un singolo nervo.
mononeuropatia multipla: allorché vi sia un interessamento simultaneo o anche in tempi successivi di più nervi.
polineuropatia: significa che la distribuzione della neuropatia è bilaterale.
Con il termine di polineuropatia simmetrica, si definisce ulteriormente che il grado di sofferenza neuropatica è pressoché uguale sui due lati.
Occorre inoltre precisare, che la stessa differenziazione è utilizzata anche per individuare una monoradicolopatia, una monoradicolopatia multipla o una poliradicolopatia. Infine, si definisce ganglio-radicolopatia, il quadro neurologico derivante da una lesione che si situa tra le radici del nervo ed i rispettivi gangli delle radici posteriori.
La sintomatologia varia secondo il tipo di nervo/i interessati, cioè se ad essere colpiti siano nervi a conduzione sensitiva o prevalentemente sensitiva, motoria o prevalentemente motoria o mista. Di conseguenza potranno predominare disturbi sensitivi, motori o misti. Ricordiamo inoltre, che la maggior parte delle neuropatie sono di tipo misto, cioè sensitivo-motorie.
* dolore;
* torpore;
* bruciore;
* formicolio;
* puntura di spillo;
* scarica elettrica;
* sensazione di arto fasciato a calzino;
* sensazione di arto freddo;
I disturbi sensitivi, che spesso insorgono gradualmente, possono mantenere carattere di saltuarietà per mesi/anni, prima di essere valutati dal paziente come significativi. Altre volte essi sono costanti, potendosi acuire in alcune condizioni o in certe ore del giorno, fino a rendersi insopportabili di notte.
* sensazione di impaccio nei fini movimenti delle dita;
* sensazione di debolezza nel sollevare un peso, portare le braccia in alto, chiudere con forza la mano, stringere un oggetto;
* diminuzione di forza alle gambe, facile affaticabilità nel camminare o nel salire le scale;
I disturbi motori possono interessare uno o più arti, possono prevalere alla radice degli stessi (prossimalmente) o alle estremità (distalmente); quando sono interessati gli arti inferiori, le gambe si stancano facilmente e si possono manifestare cadute improvvise; possono manifestarsi insicurezza e instabilità nella stazione eretta e nella marcia, a causa dell’ alterazione dei meccanismi posturali.
Sono quelli che costituiscono il quadro obiettivo neurologico:
* alterazioni del tono e trofismo;
* alterazioni del riflessi;
* deficit di forza;
* fascicolazioni;
* ipoestesia-anestesia: diminuzione-assenza di risposta agli stimoli dolorosi;
* iperestesia: aumento della risposta sensoriale agli stimoli dolorosi;
* iperalgesia: anomala risposta a stimoli normalmente poco dolorosi che invece accentuano il dolore;
* allodinia: anomala risposta a stimoli normalmente non dolorosi che provocano dolore anche spiccato.
Oltre ai disturbi ed alle sensazioni particolari già citate, esiste un altro sintomo tra i più frequenti e significativi, che merita di essere specificatamente trattato, il dolore.
Il dolore, oltre che tra acuto o cronico, ricordando che si considera cronico un dolore che insiste da più di sei mesi, può essere distinto sulla base del meccanismo fisiopatologico che lo sostiene:
1. Dolore nocicettivo.
Il dolore sia somatico che viscerale è condotto da fibre amieliniche D e da fibre tipo C contenute nella pelle, nelle ossa, nel tessuto connettivo, nei visceri, nei muscoli ed è mediato da sostanze chimiche algogene, come le bradichinine, l’istamina, la sostanza P. Il dolore somatico tende ad essere ben localizzato e continuo mentre il dolore viscerale è più difficilmente localizzabile, profondo e a volte parossistico (colica).
2. Dolore neuropatico
Il processo patologico interessa il sistema nervoso centrale o periferico ed è quindi il risultato di una disfunzione o danno a carico degli stessi sistemi. La disfunzione o danno può essere invariabilmente conseguenza di una lesione, di una infiammazione o di una infezione.
Le spiegazioni dei meccanismi algogeni non sono tuttavia univoche, potendosi invocare ora il blocco della via inibitoria afferente, ora l’insorgenza di focolai spontanei ectopici nelle lesioni demielinizzanti.
In ogni caso il dolore neuropatico, in particolare quello cronico, è principalmnete caratterizzato da una alterazione nei processi sensoriali, provenienti dalle regioni interessate.
Se la sensazione di formicolio (parestesia), può essere spiegata come il risultato di scariche ectopiche spontanee (espressione dell’alterazione funzionale del nervo), la patogenesi dell’Iperalgesia, cioè la condizione per cui stimoli normalmente poco dolorosi provocano invece dolore, richiederebbe ulteriori interpretazioni.
Questo vale soprattutto per l’Allodinia, che è quella condizione per cui stimoli anche minimali, solitamente non dolorosi, evocano spiccato dolore: nella pratica clinica quotidiana del dolore cronico neuropatico grave, non è raro imbattersi in pazienti, nei quali si possono evocare violente crisi di dolore lancinante, con il solo sfiorare la cute dell’ area di innervazione pertinente.
Cosa può essere allora cambiato in questi pazienti che prima avevano esperienze di dolore normale?
E’ sufficiente e del tutto soddisfacente, l’interpretazione del dolore neuropatico, sulla base delle già acquisite conoscenze sui meccanismi neurofisologici e neurotrasmettitoriali?
Sono sufficienti e del tutto soddisfacenti, le ipotesi che si rifanno, ora alla alterazione della plasticità neuronale, ora ad una abbassamento della soglia di attivazione, o ad un aumento della risposta ad un dato stimolo e ancora ad una alterazione dei meccanismi discendenti inibitori?
Purtroppo, decenni di ricerca nella lotta contro il dolore neuropatico, hanno prodotto una grande abbondanza di nuovi farmaci, i cui effetti troppe volte sono da ritenersi scarsi, se non del tutto assenti.
Ciò è probabilmente dovuto al fatto che, il loro meccanismo d’azione è rivolto al controllo dei meccanismi neuronali, mentre trascurano meccanismi eziopatogenetici diversi, come la produzione di sostanze derivate dall’attivazione di strutture gliali, immunitarie, contenute nelle strutture nervose, assoni, corpi cellulari di neuroni sensoriali, midollo.
Sono dunque da attendersi dalla ricerca risultati, sul ruolo, modalità e meccanismi di attivazione dei processi immunitari, rivolti contro nervi periferici, gangli della radici posteriori, corna posteriori del midollo; tutto ciò nella prospettiva che, a fronte di condizioni eziologiche di disfunzione o danno neuropatico anche molto diverse tra loro, si inneschi una risposta infiammatoria immunomediata, responsabile del dolore neuropatico in particolare cronico.
La diagnosi di neuropatia periferica, si basa su una attenta valutazione anamnestica familiare, sulla ricerca di eventuali malattie pregresse o concomitanti (alcolismo, diabete, malattie reumatiche, infiammatorie, infettive); si valutano fattori causali traumatici, occupazionali, esiti di interventi chirurgici, fattori carenziali (Vit B12, B1, B6), fattori tossici, ischemici, paraneoplastici.
Dalla ricerca anamnestica e una volta delineato il quadro obiettivo neurologico, può emergere la necessità di un approfondimento con indagini elettrofisiologiche, per lo studio della conduzione sensitivo/motoria del nervo e alla ricerca di segni di denervazione (Eng ed Emg).
Nella pratica clinica, tali indagini complementari assumono fondamentale importanza nella diagnosi di alcuni quadri di neuropatia, tipo GBS e sue varianti croniche come la CIDP, nelle quali il loro contributo è utile anche per una valutazione della prognosi.
Inoltre sono di assoluto rilievo, nel monitorare l’evoluzione del danno neuropatico e nel dirimere dubbi diagnostici tra la malattia di Charcot (SLA o morbo di L.G) e alcune forme di mielopatia spondilogenetica ad impronta amiotorofica; in questi casi, vanno ricercati, con esami ripetuti a distanza di tempo, eventuali segni di denervazione in distretti extracervicali che, ove presenti, condurrebbero a diagnosi di SLA.
L’esame del liquor prelevato tramite puntura lombare può servire a delineare profili infiammatori (MS) o infettivi (GBS-CIDP).
La biopsia del nervo può consentire una valutazione di danno vascolare nelle vasculiti, segni correlati all’infiammazione.
Malgrado ciò, la diagnosi di neuropatia periferica è comunque difficile e si valuta che, nonostante tutte le indagini cliniche e di laboratorio possibili, l’eziologia resti sconosciuta in un’ alta percentuale di casi, fino al 20%.
L’ efficacia del trattamento terapeutico è legata alla possibilità di intervenire sulle cause eziologiche e sui sintomi, dolore e deficit.
Laddove è possibile rimuovere le cause di malattia, si giunge ad una rapida e completa guarigione. E’ il caso delle neuropatie da squilibri alimentari nelle quali occorre integrare l’apporto di sostanze, Vit B12, B1, B6, VitE, o eliminarne l’abuso (Vit B6).
Nelle neuropatie associate a malattie sistemiche (diabete, epatopatie, insufficienza renale) va curata la patologia di base.
In particolare, nel diabete, si deve correggere la glicemia allo scopo di rallentare la progressione della malattia. Fino al 25-40% dei pazienti diabetici sviluppa infatti una polineuropatia.
Nelle neuropatie causate da infezioni di origine virale o batterica si utilizzeranno trattamenti con antivirali e antibiotici:
– Virus Herpes Zoster (fuoco di S.Antonio), HIV, Cytomegalovirus;
– Malattia di Lyme (da Borrellia), Difterite, Tripanosomiasi, Lebbra);
Nelle neuropatie su base immunitaria (immuno-mediate): plasmaferesi, immunosoppressori, immunomodulatori. Appartengono a questo gruppo :
a) Guillain Barrè, CIDP, MAG, GM1, GD1a, GD1b;
b) Neuropatie vasculitiche con focolai microinfartuali conseguenti a processi infiammatori a carico dei vasi che nutrono i nervi; sono possibili in corso di lupus eritematoso sistemico, artrite reumatoide, panarterite nodosa, Sjogren;
c) Neuropatie associate a gammopatie monoclonali: sono neuropatie conseguenti ad aggressione anticorpale da parte di immunoglobuline seriche ”clonali”, cioè strutturalmente identiche (monoclonali), prodotte da tumori plasmacellulari; la frazione delle proteine gamma-seriche nel normale è policlonale.
Neuropatie conseguenti a processi infiltrativi da parte di cellule tumorali: va trattata la patologia di base
Neuropatie delle sindromi paraneoplastiche: si manifestano con subdoli segni neurologici (fascicolazioni) che possono precedere o associarsi alla comparsa del tumore; in questi casi il tumore non agisce con un’azione infiltrante diretta, bensì a distanza.
Neuropatie ereditarie
Le alterazioni genetiche sono trasmesse per via ereditaria.
Sono molte quelle in cui il gene coinvolto è conosciuto ed è quindi possibile fare una diagnosi.
La più comunemente riscontrabile, che colpisce circa 1 persona su 2500 è l’ HSMN (Hereditary Sensory Motor Neuropathy). Già nota come Malattia di Charcot-Marie-Tooth (CMT), fa parte delle neuropatie erditarie sensitivo motorie, di cui esistono diversi sottotipi in rapporto a varianti genetiche e ai relativi quadri clinici.
La HSMN tipo 1, una neuropatia demileinizzante con associate artropatie tipiche, è la più frequente. Non esiste ad oggi alcuna cura in grado di guarire la malattia.
Neuropatie iatrogene
Sono quelle causate accidentalmente durante un normale percorso di diagnosi e terapia in ambito sanitario.
Si distinguono neuropatie di tipo fisico-farmacologico e neuropatie di tipo traumatico. Le prime, possono conseguire a trattamenti con radiazioni ionizzanti o iniezioni di farmaci, in sedi anatomiche comunque in qualche rapporto con un tronco nervoso o direttamente nel nervo stesso.
Le seconde, sono il risultato di incaute manovre che provocano lacerazione diretta di un nervo o sono causate da prolungate esposizioni a fattori di compressione/ischemia, durante interventi chirurgici o sessioni diagnostiche.
Decompressione
Tecnica chirurgica delle lesioni nervose da causa meccanica/intrappolamento, rivolta ad eliminare la causa di compressione acuta o cronica, il cui esempio tipico è la sezione dell’ aponeurosi palmare al polso nella patologia del tunnel carpale.
Quando è indicato l’intervento?
Quando la causa è inconfutabile, il tronco nervoso è facilmente esplorabile e gli effettivi benefici prodotti dall’ intervento siano relativamente alla sede e patologia oramai ben standardizzati; ciò consente che nel rapporto rischio/benefici, i secondi siano nettamente privilegiati, come è per la sindrome del canale carpale.
In tutte le sindromi compressive canalicolari, l’ intervento va comunque riservato ai casi in cui il dolore è resistente ai trattamenti o quando esiste una condizione di deficit paretico o paralitico, nella speranza di offrire delle possibilità di ripresa.
Nei casi che si presentano manifestando la sola fase irritativa, è indicato il trattamento conservativo.
Neurolisi esterna
Consiste nella liberazione del tronco nervoso dalle aderenze cicatriziali; frequentemente questo tipo di trattamento si associa alla tecnica decompressiva ed ha lo scopo di ripristinarne l’escursione del nervo.
Neurorrafia
Sutura effettuata con supporto di mezzi ottici, di tronchi nervosi che hanno perduto la loro continuità anatomica, per cause lesive, esercitate con meccanismo di strappo o sezione (oggetti da taglio, schegge ossee, etc).
E’ un intervento da eseguire in centri ad alta specializzazione, solo quando l’escursus clinico ed elettrofisiologico consente oltre ogni dubbio di porre diagnosi di lesione neurotmesica: in questo caso, peraltro, un possibile recupero si può ottenere solo con il trattamento chirurgico.
Terapia farmacologica
Antiinfiammatori corticosteroidi:
Desametasone (Soldesam*; Decadron*); betametasone (Bentelan*; Celestone * ) – 4/8 mg/die/ soluz.iniett. nelle neuropatie discogene/erniarie/stenosi canalari/paresi facciale periferica.
Corticosteroidi per via infiltrativa:
Betametasone (Celestone*); metilprednisolone (Depo-Medrol*40 mg); metiprednisolone + lidocaina cloridrato (Depomedrol+Lidocaina*).
Nella terapia conservativa delle neuropatie da intrappolamento/compressione, allorché il danno è iniziale e la sede facilmente raggiungibile, possono risultare efficaci nello alleviare i sintomi in caso di compressione del nervo mediano al polso (tunnel carpale), del nervo ulnare al gomito o nella fossa epitrocleo-olecranica, del n.tibiale posteriore al tunnel tarsale alla caviglia, del nervo femoro cutaneo laterale della coscia sotto il legamento inguinale.
Allorché si tratta di nervi sensoriali o misti, il dolore e le parestesie dominano inizialmente il quadro perchè la debolezza motoria e l’atrofia sono relativamente tardive.
Capsaicina
Estratta dal peperoncino; farmaco ad azione topica (pomata) che in conc.da 0,025/0,075% è efficace nella neuropatia post herpetica, se non è accompagnata da importanti segni di denervazione.
Fans
Non hanno una precisa indicazione se non in caso di dolore neuropatico lieve su base artrosico/degenerativa; si utilizzano in associazione con corticosteroidi o con analgesici .
Analgesici
Non hanno una significativa azione nella cura del dolore neuropatico grave di varia origine. Il tramadolo (Contramal*;Fraxidol *) per via generale (i.m.- i.v) o infiltrazione si mostra utile nei confronti del dolore neuropatico critico lancinante.
Terapia di blocco nervoso con anestetici locali
Lidocaina 1% (Lidocaina cloridrato*); bupivacaina allo 0,25% o allo 0,50 % (Marcaina*); anche in associazione a corticosteroidi.
Anticonvulsivanti
Carbamazepina (Tegretol*): farmaco di primo impiego per la nevralgia trigeminale idiopatica, nella quale ha una elevata potenzialità di controllo delle crisi, nevralgia di Arnold e glossofaringea ; il range terapeutico utile si determina per concentrazioni plasmatiche tra 4-12 mcg/ml; può associarsi con successo alla fenitoina. Si impiega anche nella neuropatia posterpetica e nel dolore da polineuropatia diabetica. Il suo effetto così come quello della fenitoina si riduce nelle neuropatie periferiche di altra natura nelle quale la sua azione si limita al controllo delle crisi parosssitiche trafittivo-urenti, mentre è scarsa o nulla sul dolore di fondo; non modifica l’iperalgesia nè la disestesia metamerica, tipica.
Fenitoina (Dintoina*): le concentrazioni plasmatiche terapeutiche sono di 10-20 mcg/ml.
In assenza di una qualsiasi risposta, allorché siano state raggiunte le concentrazioni seriche utili che, ricordiamo, devono essere ottenute con aumenti seriali del farmaco, la somministrazione del farmaco deve cessare.
Gli effetti indesiderati comprendono oltre a disturbi neurologici, rare manifestazioni cutanee, e più gravi a carico del sangue, agranulocitosi, danni epatici e renali.
Oxcarbazepina (Tolep*); medesime indicazioni del Tegretol* ma con minori effetti indesiderati.
Valproato (Depakin*); clonazepam (Rovotril*); lamotrigina (Lamictal*);
Gabapentin (Neurontin*); pregabalin (Lyrica*); algie facciali atipiche; nevralgia posterpetica; neuropatia diabetica; dolore neuropatico cronico delle neuropatie compressive.
Antidepressivi triciclici e SSRI
Amitriptilina (Laroxyl*); clorimipramina (Anafranil*); citalopram (Elopram*;Seropram*); paroxetina (Seroxat*;Sereupin*); venlafaxina (Efexor*); mirtazapina (Remeron*): la loro utilizzazione ha un senso solo nel dolore neuropatico cronico inveterato, nel quale si sfrutta quantomeno la loro azione antidepressiva poiché per il resto il loro meccanismo è sconosciuto.
Neurolettici
Tioridazina (Melleril*); clorpromazina (Largactil*) e flufenazina (Moditen depot*); si utilizzano sempre in associazione con antiderpessivi e anticonvulsivanti.
Purtroppo, a conferma della attuale indisponibilità di farmaci veramente efficaci nella cura del DNC, riportiamo i risultati di alcuni studi sulla efficacia di gabapentin e pregabalin nella neuropatia diabetica e postherpetica a confronto con placebo e amitriptilina.
Due di questi studi, non riportano alcuna differenza di efficacia del gabapentin sia rispetto al placebo3, che rispetto ad amitriptilina6, nella neuropatia diabetica.
In un altro studio1, effettuato su un campione di 165 pazienti, la riduzione del dolore basata sulla scala di valutazione Likert (punteggio 0-10), è risultata di 1,0 punto a favore del gabapanetin, rispetto al placebo (dosaggi medi utilizzati > 3000mg/die).
Altri studi randomizzati e controllati, hanno messo a confronto sia pregabalin contro placebo nella neuropatia diabetica4, che gabapentin7,8 e pregabalin9 nel dolore neuropatico postherpetico. Risultati: riduzione da 1,2 a 1,6 punti a favore dei farmaci. Secondo la stessa scala di valutazione del dolore, una differenza clinicamente significativa dovrebbe essere di almeno due punti.
TENS
L’azione antalgica della TENS (Transcutaneous Electrical Nerve Stimulation) si basa sull’attivazione di sistemi di inibizione periferica degli stimoli nocicettivi, secondo la teoria di Melzack e Wall, nonché sulla liberazione di oppiodi endogeni, neuropeptidi e neuromediatori. I parametri fisici sono ben standardizzati e quindi anche le modalità di applicazione ed erogazione degli impulsi.
Secondo la nostra esperienza hanno un’azione assai limitata; non ci risultano significativi effetti che si mantengano nel tempo, ma solo risultati parziali e anche limitati al periodo di erogazione.
Per ovviare a questo limite si utilizzano anche stimolatori endorachidei delle colonne dorsali, che sfruttando lo stesso principio fisico ed essendo impiantati a permanenza, dovrebbero garantire elevati livelli di successo nella lotta al dolore neuropatico grave. Purtroppo l’invasività della tecnica, non scevra di effetti indesiderati, quali processi infettivi e problemi legati alla mobilità degli elettrodi ne limitano l’impiego.
In conseguenza delle grandi variabilità eziologiche e cliniche con cui può manifestarsi, l’approccio diagnostico al dolore neuropatico è spesso multidisciplinare.
Sul piano terapeutico, sono disponibili una grande abbondanza di trattamenti farmacologici sia a scopo preventivo (Es. Aciclovir piuttosto che Brivudin per profilassi di NPHerpetica) sia per la cura della patologia di base (Es.tipico diabete) che chirurgici (Es.tipico discectomia).
Detto questo, purtroppo molte volte il dolore neuropatico persiste, aldilà di ogni adeguato trattamento medico-chirurgico precedentemente attuato.
Un dubbio che pazienti affetti da gravi sindromi algiche sopratutto croniche, manifestano frequentemente è che, agendo sul sintomo dolore, non si può risolvere il problema, perchè non si opera alla radice del problema stesso.
Alle loro perplessità, si aggiungono anche quelle dei medici curanti o di specialisti di branche affini. Ovviamente ciò costituisce un ostacolo ulteriore verso un percorso di guarigione, sia perchè si ottiene solo l’effetto di una ulteriore demotivazione del paziente, sia perchè rinviato nel tempo qualsiasi intervento terapeutico utile diventa sempre più difficile.
E’ pertanto opportuno chiarire, come questo preconcetto sia giusticato solo in alcuni casi di dolore neuropatico acuto o subacuto o cronico.
Siamo assolutamente certi, che non vi sia alcun serio motivo nel persistere in forme di accanimento terapeutico conservativo, verso alcune patologie che non rispondono alle cure, potendosi invece giovare di un approccio chirurgico radicale.
Caso tipico, è quello di una neuropatia radicolare, da ernia discale o da altra patologia rachidea di eziologa conosciuta, qualsiasi ne sia il livello interessato, in presenza di dolore che, resistendo ad ogni adeguato trattamento, si protragga oltre i due mesi /due mesi e mezzo/tre. Così come non è frutto di buon senso da parte del paziente di sottoporvisi.
Ma non ci pare si possa dire altrettanto, allorché:
Nel dolore neuropatico più o meno grave, sopratutto cronico, quasi sempre associato a segni clinici neurologici obiettivi, quali disestesia, alterazioni significative delle sensibilita, iperalgesia, allodinia, far regredire il quadro neurologico e ottenere un controllo del dolore con effetto consolidato nel tempo, non significa solo raggiungere un soddisfacente pain relief, ma combattere il ”dolore malattia”.
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