Ma a questo punto è lecito domandarsi come sia possibile allora, che tutta una serie di patologie ovviamente da cause non progressive, tra le quali solo per citare la più comune ricordiamo l’ernia del disco, anche allorché esordiscano con quadri della massima severità, perché sostenute da lesioni voluminose e grossolane, una volta trascorsa la fase critica, possano completamente risolversi e i pazienti mantenersi senza nuove manifestazioni dolorose e senza deficit per tutta la vita (ne sono testimoni le migliaia di pazienti che in tutto il mondo sono per cosi dire portatori sani di almeno un’ernia del disco).
Certamente si possono invocare fenomeni di autolisi che ne possono ridurre di poco il volume e si può anche invocare un certo adattamento del circolo radicolare ma è anche possibile e probabile che l’effetto compressivo o irritativo di un materiale divenuto “inerte”, nel quale cioè si siano completati i meccanismi biochimici di riparazione tissutale o che comunque abbia cessato di rappresentare lo stimolo per una risposta immunitaria-infiammatoria, sia praticamente nullo.